Un lavoro d’integrazione efficace, rivolto sia alla popolazione svizzera che a quella straniera, è la miglior forma di prevenzione della discriminazione e del razzismo. Ma l’integrazione da sola non basta.
I progetti d’integrazione sono destinati soprattutto ai migranti e puntano a trasmettere conoscenze e creare un clima di comprensione reciproca. I conflitti e i pregiudizi sono trattati, se lo sono, soltanto indirettamente. Queste iniziative sono importanti e possono contribuire a prevenire e superare i conflitti. Spesso, tuttavia, gli appelli al dialogo, all’apertura e alla tolleranza non bastano o cadono nel vuoto.
Il razzismo e la xenofobia sono soprattutto espressione di pregiudizi e pulsioni aggressive e si basano su un’immagine da noi stessi forgiata dell’«altro» come nemico che spesso fa astrazione dei suoi comportamenti reali. Le vittime sono capri espiatori intercambiabili: un aspetto, questo, di cui va opportunamente tenuto conto.
Inoltre le vittime non sono necessariamente migranti, ma possono essere anche Ebrei, Jenisch, Sinti o Manouche, e sempre più anche svizzere e svizzeri con tratti somatici «inusuali».
I partecipanti ai progetti contro il razzismo sono chiamati a confrontarsi con la propria identità, a riconoscere i propri pregiudizi e comprenderne le ragioni e a imparare ad affrontare i conflitti in modo costruttivo:
- gli aggressori (potenziali) devono prendere coscienza dei propri pregiudizi e trovare alternative al ricorso alla violenza;
- le vittime (potenziali) devono essere messe in condizione di difendersi, di trovare ascolto e aiuto e di elaborare correttamente la propria condizione di discriminati;
- ai testimoni bisogna mostrare come uscire dal disorientamento e dalla passività e come intervenire per appianare i conflitti;
- bisogna analizzare i rapporti di potere e le strutture che favoriscono le discriminazioni ed elaborare e attuare i necessari correttivi.
- Bisogna parlare apertamente di discriminazione razziale e razzismo. Non per moralismo o per fare dei razzisti dei nuovi capri espiatori, ma per denunciare un problema sociale e radicare la lotta al razzismo nel sentire comune. Si tratta anche di mostrare chiaramente che è possibile creare condizioni che impediscano il razzismo e le discriminazioni.
- Affinché l’integrazione sia più che la semplice assimilazione dei migranti nella società maggioritaria o la coesistenza di mondi separati (nell’insediamento sul territorio, nelle relazioni sociali), è necessario dare piena applicazione al principio della non discriminazione. Senza lo sradicamento della discriminazione l’integrazione è destinata al fallimento.
L’integrazione riesce soltanto se ognuno sa non solo quali sono i suoi doveri, ma anche i suoi diritti e come farli valere. Alla vittime bisogna garantire protezione e aiuto. Nella misura in cui chiede ai migranti uno sforzo d’integrazione, anche il gruppo sociale maggioritario deve sforzarsi di contrastare le tendenze all’esclusione e alla discriminazione. Si tratta di un principio cardine del nostro sistema democratico che abbiamo iscritto nella nostra Costituzione e ribadito con la ratifica delle pertinenti convenzioni internazionali (Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, Convenzione europea dei diritti dell’uomo).