Le persone con un impiego, ma anche quelle in cerca di lavoro, possono subire trattamenti diversi, ad esempio per quanto riguarda le condizioni di assunzione, il salario, la formazione continua, la promozione, la protezione del lavoro o il licenziamento. Possono inoltre essere vittima di molestie o mobbing.
Se si basa su criteri quali l’origine, il colore della pelle o l’appartenenza religiosa, la differenza di trattamento costituisce una discriminazione razziale.
Informazioni sul quadro giuridico: Guida giuridica per vittime di discriminazione razziale: mondo del lavoro.
Situazione in Svizzera
Il mondo del lavoro è l’ambito della vita in cui sono segnalati più di frequente episodi di discriminazione razziale (cfr. Razzismo in cifre > Dove si discrimina?) .
Nell’ambito lavorativo, il razzismo strutturale e la discriminazione razziale che ne deriva sono ben documentati (cfr. studio sul razzismo strutturale).
Recenti studi mostrano che a essere discriminate nella ricerca di un impiego e sul posto di lavoro sono soprattutto persone provenienti dall’Europa sudorientale, dall’ex Jugoslavia, dall’Africa meridionale e talvolta anche dalla Turchia e dal Portogallo. Come emerge anche dai dati dell’attività di consulenza (cfr. rapporti «episodi di razzismo trattati nell’attività di consulenza» della rete di consulenza per le vittime di razzismo), spesso non sono la nazionalità o il permesso di soggiorno a essere determinanti, bensì la «diversità» attribuita.
Le persone colpite dalla discriminazione razziale ne subiscono spesso conseguenze gravi e di ampia portata. La discriminazione è lesiva e oppressiva e genera conflitti all’interno del team. Può ripercuotersi negativamente sull’azienda e, in ultima analisi, sull’economia in generale, ad esempio se non viene sfruttato il potenziale disponibile malgrado la carenza di lavoratori qualificati. Complessivamente, aggrava le tensioni sociali e le disuguaglianze. È provato che la discriminazione razziale causa un aumento della disoccupazione, salari più bassi e la concentrazione di lavoratori vittima di razzismo in settori noti per la precarietà delle condizioni di lavoro e la durezza delle attività svolte, come le pulizie, la gastronomia, il commercio al dettaglio, i servizi di cura, il lavoro sessuale o i servizi di corriere.
- Per i dati sulla discriminazione razziale nel mercato del lavoro, vedi Razzismo in cifre > Dove si discrimina.
- Nel 2020, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, la disoccupazione nella popolazione con retroterra migratorio in Svizzera era del 7 %, cioè il doppio di quella della popolazione senza retroterra migratorio, che ammontava al 3 % (cfr. indicatori di integrazione, UST) .
- Le persone con retroterra migratorio della prima generazione esercitano un’attività per cui sono sovraqualificate più spesso delle persone senza retroterra migratorio. Nel 2020, il 12 % delle persone senza retroterra migratorio in possesso di un diploma di livello terziario esercitava una professione per cui bastava una formazione inferiore, mentre per i lavoratori con retroterra migratorio questa percentuale era del 19 %.
- La percentuale di persone che occupano posti di lavoro a basso salario è 1,6 volte più elevata tra le persone con retroterra migratorio della prima generazione che tra la popolazione senza retroterra migratorio (21 % contro 13 %) (cfr. indicatori di integrazione, UST).
Sfide e misure
Spetta innanzitutto ai partner sociali, ovvero ai datori di lavoro e alle organizzazioni dei lavoratori, elaborare misure contro la discriminazione. I datori di lavoro, ad esempio, hanno il dovere di adottare i provvedimenti necessari per proteggere l’integrità personale dei lavoratori, che comprende anche la protezione dalla discriminazione (razziale).
La posizione lavorativa e la carriera dipendono da vari fattori, tra cui la formazione, la selezione scolastica, il riconoscimento dei diplomi e il permesso di soggiorno. Le misure per promuovere le pari opportunità a prescindere dall’origine, dal colore della pelle e dall’appartenenza religiosa devono pertanto cominciare già dalla scuola, dalla formazione, dal perfezionamento e dalla formazione continua.
È dimostrato che l’accesso al mercato del lavoro è difficile soprattutto per gli immigrati e le persone con retroterra migratorio. La Confederazione e i Cantoni hanno adottato diverse misure nell’ambito dei programmi d’integrazione cantonali e di altri programmi per l’integrazione nel mercato del lavoro dei migranti, in particolare delle persone provenienti dal settore dell’asilo (Agenda Integrazione Svizzera). Occorre infatti tenere presente che una rapida integrazione nel mercato del lavoro permette di sfruttare meglio il potenziale della manodopera residente in Svizzera e di ridurre il rischio che dipenda dall’aiuto sociale.
La protezione offerta dal diritto privato contro la discriminazione razziale in Svizzera (cfr. la pubblicazione sulla lotta alla discriminazione sul posto di lavoro e lo studio sull’accesso alla giustizia in caso di discriminazione del Centro svizzero di competenza per i diritti umani CSDU, entrambi disponibili soltanto in tedesco e francese) è ritenuta insufficiente dalla dottrina, dalla ricerca e dagli organi internazionali preposti ai diritti umani (ad es. CERD/C/CHE/CO/7-9, § 6). Questo vale anche per il mondo del lavoro. Vari studi dimostrano che le limitazioni dell’autonomia contrattuale previste nell’ambito dei contratti di lavoro non offrono una protezione sufficiente contro la discriminazione razziale.
Nel 2022, il CSDU ha compilato una raccolta di aree legali problematiche e di raccomandazioni per la lotta alla discriminazione razziale sul posto di lavoro (disponibile soltanto in tedesco e francese).
Oltre alla raccolta e all’analisi di dati sugli episodi di manifesta discriminazione razziale, sono necessarie ulteriori ricerche a livello strutturale per rendere visibili le discriminazioni sistematiche e adottare contromisure adeguate.
Ultima modifica 31.01.2024
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